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Il professionista dalle 5 stelline Di Cristina Radif E’ finita l’era in cui le recensioni in rete riguardavano soltanto ristoranti, servizi, oggetti di consumo, alberghi, libri e film. L’assegnazione di punteggi e commenti riguarderà sempre più le persone e di conseguenza le professioni. Mi chiedo però quali possano essere gli effetti di questo trendsu figure professionali come quelle dello psicologo e dello psicoterapeuta. Sul forum per esempio si fa per iscritto ciò che prima si faceva in piazza, al bar o fra le mura di casa: due o più persone discutono su un paio di sci, un film, una macchiolina sulla pelle, il problema dell’immigrazione, le unioni civili ed anche la scelta di un professionista. Quindi, anche di uno psicoterapeuta. Accade infatti che “ciccio79” raccomandi a “milena94”, che soffre di attacchi di panico, un professionista piuttosto che un altro. Tuttavia può capitare anche il contrario, e cioè che un professionista venga sconsigliato. Ma soprattutto, chi è ciccio79? Che competenze possiede per dispensare suggerimenti e magari sconsigliare un professionista? Umberto Eco, durante il conferimento della laurea honoris causa a Torino nel 2015, affermava con tono sarcastico: “I social media danno il diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere. Mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel”. Senza giungere a conclusioni tutt’altro che moderate come quelle di Eco, credo che il forum non possa essere equiparato al vecchio passaparola. Sono giudizi soggettivi che rimangono scritti e perlopiù pubblici. E di cui spesso non si conosce la fonte. Se digitiamo su google “psicoterapeuta Genova”, noteremo che a molti professionisti presenti sul web corrispondono, nome e cognome, indirizzo, recapiti telefonici e la voce “valuta e recensisci”. Lascio a chi di dovere le implicazioni giuridiche di un’eventuale recensione negativa chiedendomi solo se ha senso che uno psicoterapeuta sia esposto all’assegnazione di punteggi o commenti, al pari di un oggetto tecnologico ultima generazione, di un libro o dell’ultimo film di Quentin Tarantino. Valutare oggettivamente una prestazione professionale è già di per sé difficile rispetto al giudizio su un oggetto che acquistiamo e che possiamo recensire a seconda di criteri quali la tenuta di strada nel caso di una moto, la fotografia nel caso di un film o la nitidezza dell’immagine nel caso di uno schermo. A maggior ragione mi chiedo come sia possibile valutare nello specifico una figura professionale, come quella del terapeuta, in cui il ruolo dell’incontro e della relazione sono centrali. E’ chiaro che in un terapeuta le competenze tecniche e teoriche rimangono una componente indispensabile, ma nella relazione di aiuto sono implicati così tanti fattori da rendere paradossale il binomio recensione-terapeuta. Porto un esempio: un paziente necessitando di un supporto farmacologico si rivolge ad uno psichiatra. Insoddisfatto di quest’ultimo ne consulta un altro, e poi un altro ancora e via di seguito, fino ad arrivare a quattro specialisti. Li trova tutti saccenti, aggressivi e presuntuosi e ad ogni incontro si irrita vistosamente. Vive suo padre in ogni specialista, risuonando a sua volta con sensazioni di rabbia e frustrazione legati all’ esperienza personale nel rapporto col padre. Nulla di inconsueto per chi è del mestiere, ma sono certa che se l’inconsapevole paziente si cimenta in un’opera di assegnazione di stelline a quei professionisti, lo fa a dir poco volentieri, ignaro del fatto che la sua attribuzione di valore nei confronti degli psichiatri è influenzata dal suo stato emotivo e da innumerevoli processi proiettivi. Ecco perché le relazioni umane sono così complesse e perché sarebbe riduttivo assegnare dei punteggi, soprattutto in casi similari a quello che qui ho voluto brevemente raccontare. Valutare e recensire un terapeuta significa trascurare una delle dimensioni fondamentali presenti in questa professione, ovvero quella relazionale.